I nuovi test antidroga previsti dal Codice della strada rischiano di creare più problemi che soluzioni. Gli strumenti oggi in uso dalle forze dell’ordine, infatti, sono in grado di rilevare tracce di cannabis anche a distanza di due giorni dall’assunzione, ma non individuano sostanze ben più pericolose come fentanyl, metadone o ketamina.
La criticità emerge proprio con l’entrata in vigore del nuovo testo normativo, dal 16 dicembre 2024, quando scatteranno sanzioni automatiche basate unicamente sull’esito positivo del test. Una stretta voluta dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che però potrebbe risultare inefficace a causa dei limiti tecnici degli strumenti di rilevazione.
Il nodo centrale è l’articolo 187: viene eliminato ogni riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica” del conducente. In pratica, sarà sufficiente un risultato positivo per incorrere in conseguenze legali, anche se il consumo risale a giorni prima e non ha più effetti sulla capacità di guida.
Il paradosso è evidente: mentre un automobilista che ha fumato una canna due giorni prima può essere sanzionato nonostante sia del tutto lucido, chi ha assunto fentanyl – un oppioide sintetico che, secondo l’Università La Sapienza, è fino a 100 volte più potente della morfina – potrebbe non essere rilevato dal test e dunque passare il controllo senza problemi.
Uno studio condotto a Bergamo sottolinea proprio questo limite del dispositivo SoToxa, che non è in grado di analizzare metadone, buprenorfina e fentanyl. Il risultato è un sistema sbilanciato: colpisce i consumatori occasionali di cannabis anche quando non sono sotto effetto della sostanza, ma lascia scoperto chi utilizza droghe pesanti e realmente pericolose per la sicurezza stradale.