Un recente approfondimento scientifico apre nuove prospettive nel trattamento delle malattie neurodegenerative, mettendo in evidenza il valore di alcuni cannabinoidi meno conosciuti presenti nella cannabis.

L'informazione
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Un recente approfondimento scientifico apre nuove prospettive nel trattamento delle malattie neurodegenerative, mettendo in evidenza il valore di alcuni cannabinoidi meno conosciuti presenti nella cannabis.
Nonostante le numerose terapie disponibili, molti pazienti continuano a soffrire a causa dell’inefficacia o degli effetti collaterali dei trattamenti tradizionali. Negli ultimi anni, il cannabidiolo (CBD), principio attivo non psicoattivo della cannabis, ha attirato crescente interesse come possibile coadiuvante naturale grazie alle sue note proprietà antinfiammatorie e analgesiche.
​Il rapporto dell’ANSES (Agenzia francese per la sicurezza sanitaria), redatto a supporto dell’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche), che propone la classificazione del cannabidiolo (CBD) come ‘sospetto tossico per la riproduzione’, ha suscitato numerose critiche e sollevato dubbi sulla sua solidità scientifica e coerenza metodologica.
L’idea che la cannabis possa avere un legame con il controllo del peso corporeo potrebbe sembrare controintuitiva, soprattutto considerando che il consumo di THC è spesso associato ad un aumento dell’appetito (la cosiddetta “fame chimica”). Tuttavia, diversi studi suggeriscono che chi usa regolarmente la cannabis ha meno probabilità di soffrire di obesità rispetto a chi non ne fa uso.
Nei giorni scorsi, numerosi quotidiani nazionali italiani hanno pubblicato articoli che mettono in discussione la compatibilità tra l’uso di cannabis e l’ambito lavorativo. Testate autorevoli, come il Corriere della Sera , hanno riportato titoli allarmistici, tra cui: “Con la cannabis memoria e salute del cervello sono a rischio.” Tuttavia, tali titoli si sono rivelati meramente sensazionalistici, finalizzati ad attirare l’attenzione dei lettori.
Lo studio mirava a determinare l’effetto del cannabidiolo vaporizzato (CBD) sulla funzione visiva e sulle prestazioni di guida dei veicoli, data la crescente popolarità dell’uso del CBD in tutto il mondo.
Trenta partecipanti sono stati reclutati tramite annunci pubblicati sul giornale locale e distribuiti tra la comunità universitaria. Avevano un’età media di 26,2 (6,2) anni e il 70% erano maschi. Tutti erano consumatori occasionali di CBD o cannabis e possedevano patenti di guida valide.
La cannabis è spesso accusata di compromettere la memoria a breve termine, ma un nuovo studio suggerisce che il suo impatto sul cervello nel lungo periodo potrebbe essere meno dannoso di quanto comunemente si pensi.
Le evidenze scientifiche indicano che la legalizzazione della cannabis non è associata a un aumento dei rischi per la salute mentale, come lo sviluppo di psicosi. Uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association non ha riscontrato variazioni significative nell’incidenza di disturbi psicotici dopo l’introduzione di normative più permissive sulla cannabis.
Un recente studio ha rivelato che il CBD (cannabidiolo) potrebbe rappresentare un’alternativa sostenibile ed ecologica ai tradizionali insetticidi per il controllo delle zanzare, con un impatto ambientale significativamente ridotto.
Una ricerca dell’Università di Chicago ha rilevato che il CBD potrebbe inibire l’infezione da COVID-19 in cellule umane e topi. Tuttavia, gli autori sottolineano che questi effetti sono stati osservati solo con dosi elevate di CBD purificato, non con prodotti commerciali. Pertanto, l’uso di prodotti a base di CBD non è raccomandato per la prevenzione del COVID-19.