La prostatite, in particolare nella sua forma cronica non batterica conosciuta come CP/CPPS (chronic pelvic pain syndrome), è una condizione molto diffusa tra gli uomini adulti. È caratterizzata da dolore pelvico persistente, difficoltà urinarie e, spesso, un impatto negativo sulla qualità della vita.
Nonostante le numerose terapie disponibili, molti pazienti continuano a soffrire a causa dell’inefficacia o degli effetti collaterali dei trattamenti tradizionali. Negli ultimi anni, il cannabidiolo (CBD), principio attivo non psicoattivo della cannabis, ha attirato crescente interesse come possibile coadiuvante naturale grazie alle sue note proprietà antinfiammatorie e analgesiche.
Uno studio recente pubblicato su PubMed ha approfondito l’effetto del CBD su modelli preclinici di prostatite. I ricercatori hanno osservato che il cannabidiolo è in grado di inibire il pathway infiammatorio TLR4/NF-κB, responsabile della produzione di molecole come IL‑6, TNF‑α e COX‑2, tutte coinvolte nei processi infiammatori tipici della prostatite. Inoltre, il CBD ha mostrato un’azione modulante sul sistema immunitario attivando i recettori CB2, contribuendo così a una riduzione significativa dell’infiammazione prostatica.
Parallelamente, il composto ha agito anche sui recettori TRPV1, noti per il loro coinvolgimento nella trasmissione del dolore. In particolare, nei ratti con prostatite indotta, il trattamento con dosi comprese tra 50 e 150 mg/kg ha portato a una riduzione evidente sia del dolore che del danno tissutale alla prostata, confermata attraverso esami istologici.
Sebbene gli studi sugli esseri umani siano ancora limitati, esistono già delle sperimentazioni cliniche degne di nota. Uno studio pilota (NCT06968910), condotto su 35 uomini affetti da CP/CPPS, ha valutato l’effetto di una terapia a base di supposte rettali contenenti 100 mg di CBD combinato con acido ialuronico. I partecipanti hanno assunto la preparazione per un periodo di 30 giorni. I risultati preliminari, anche se non ancora pubblicati su riviste peer-reviewed, sembrano suggerire una riduzione dei sintomi misurata secondo l’indice NIH-CPSI, oltre a una buona tollerabilità del trattamento. Gli autori hanno anche monitorato parametri legati alla qualità della vita e alla funzione urinaria e sessuale, come l’IPSS e l’IIEF‑5.

In conclusione possiamo affermare che il CBD sembra offrire benefici rilevanti per chi soffre di prostatite cronica non batterica. Le sue proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche, unite alla capacità di agire su specifici recettori del sistema endocannabinoide e del dolore, lo rendono una promettente opzione terapeutica.
Tuttavia, è importante sottolineare che le evidenze cliniche sull’uomo sono ancora in fase preliminare e che i dosaggi ottimali, le modalità di somministrazione più efficaci (orale, topica o rettale) e la durata del trattamento necessitano di ulteriori studi. Inoltre, il CBD può interagire con altri farmaci e non tutti i prodotti in commercio offrono la stessa qualità o purezza, per cui è fondamentale affidarsi a preparazioni certificate e consultare sempre il medico prima di iniziare qualsiasi trattamento.

