Sabato scorso, migliaia di persone hanno marciato per le strade di Città del Messico per chiedere la piena legalizzazione della cannabis, il diritto di coltivarla per uso personale e la fine delle vessazioni nei confronti dei consumatori. La manifestazione si inserisce nel contesto della campagna “Plantón 420”, attiva da anni, che chiede una riforma organica e trasparente delle leggi sulla cannabis in Messico.
Nonostante la Corte Suprema abbia dichiarato incostituzionale, già dal 2015, il divieto del consumo personale di marijuana, e abbia ribadito nel 2021 l’illegittimità del divieto del suo uso ricreativo, il Parlamento non ha ancora approvato una legge che regoli chiaramente il possesso, la vendita e la coltivazione. Il risultato è un vuoto legislativo che crea incertezza per cittadini, autorità e potenziali operatori economici del settore.

Il possesso di cannabis fino a cinque grammi è oggi depenalizzato, ma non esistono strumenti legali per l’acquisto o la coltivazione personale, esponendo i cittadini a multe, sequestri e abusi. Le fasce più vulnerabili della popolazione, come giovani e comunità indigene, continuano a essere le più colpite da questa ambiguità normativa.
Gli attivisti chiedono la fine della “guerra alla droga” e propongono un modello di legalizzazione responsabile, ispirato a Paesi come Canada e Uruguay. In assenza di una riforma, la criminalizzazione selettiva e il blocco dello sviluppo di un’economia sostenibile rischiano di proseguire. Serve, secondo i manifestanti, un compromesso politico che trasformi il tema cannabis da tabù legislativo a questione sociale e sanitaria prioritaria.