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------> Il Tribunale di Sassari ha emesso un’ordinanza che rappresenta una svolta per il settore della canapa industriale in Italia. Con la decisione n. 32+33/25 del 23 ottobre 2025, i giudici hanno annullato il decreto di convalida del sequestro probatorio e disposto la restituzione di 200 chilogrammi di materiale vegetale – foglie e infiorescenze – e di oltre 6.000 piante di canapa industriale a due coltivatori. Una decisione che ribadisce un principio fondamentale: in assenza di prove che attestino il superamento della soglia legale di THC, la coltivazione di canapa industriale è da considerarsi lecita.

Arrestato e liberato: a Belluno l’ennesima prova a favore della canapa industriale

La Procura presso il Tribunale di Belluno ha disposto la scarcerazione immediata di un imprenditore agricolo arrestato il giorno precedente per la coltivazione di cannabis light. L’uomo, difeso dagli avvocati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio di Tutela Legale Stupefacenti, è stato liberato dopo che il giudice non ha convalidato le misure cautelari richieste, ritenendo necessario procedere con accertamenti tecnico-scientifici prima di poter valutare la sussistenza di un reato.

Il Tribunale ha sottolineato che la sola presenza di infiorescenze di canapa non può essere considerata elemento determinante, in assenza di analisi che dimostrino un’effettiva efficacia drogante. «Si evidenzia la necessità di verifiche scientifiche – si legge nel provvedimento – non potendosi considerare determinante il mero dato ponderale».

La decisione si inserisce in un quadro giurisprudenziale sempre più attento alla distinzione tra cannabis light e sostanze stupefacenti. È infatti coerente con la recente Relazione n. 33/2025 del Massimario della Cassazione, che richiama l’art. 18 della Legge 80/2025: per accertare l’offensività concreta di un prodotto, è indispensabile una verifica tecnico-scientifica condotta con metodi conformi ai protocolli europei e analisi del THC post-decarbossilazione effettuate in laboratori accreditati.

Secondo la Suprema Corte, né la quantità né la mera presenza botanica possono giustificare misure restrittive o sequestri se non è dimostrata la reale capacità stupefacente del materiale. Per questo motivo, la pronuncia di Belluno segna un passo importante verso una maggiore uniformità interpretativa sul territorio nazionale.

La vicenda mette inoltre in luce l’urgenza di armonizzare le prassi operative, ponendo fine agli interventi “a vista” o basati su test rapidi non conformi agli standard europei, spesso responsabili di falsi positivi su prodotti legali. Solo analisi accurate possono accertare la reale offensività, evitando abusi e sprechi di risorse pubbliche.

Canapa Sativa Italia (C.S.I.) è l’associazione nazionale che unisce tutti gli operatori del settore della canapa dal mondo agricolo alla trasformazione fino alla distribuzione su tutto il territorio nazionale.

L’obiettivo, come evidenziato da Canapa Sativa Italia, è duplice: tutelare la legalità e la salute pubblica attraverso controlli scientificamente fondati e, allo stesso tempo, proteggere gli operatori e i contribuenti da procedimenti infondati che finiscono per cadere all’esito delle analisi.

Sul piano normativo, viene ribadito che l’art. 18 della L. 80/2025 non introduce alcun divieto assoluto sulle infiorescenze di canapa. Le imprese e i prodotti del settore restano leciti ai sensi della L. 242/2016, così come della L. 309/1990, quando manca un’efficacia drogante in concreto.

Il caso di Belluno diventa così un precedente rilevante, confermando che solo la scienza, e non l’apparenza, può stabilire la linea di confine tra legalità e reato nel settore della cannabis light.

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