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------> Il Tribunale di Sassari ha emesso un’ordinanza che rappresenta una svolta per il settore della canapa industriale in Italia. Con la decisione n. 32+33/25 del 23 ottobre 2025, i giudici hanno annullato il decreto di convalida del sequestro probatorio e disposto la restituzione di 200 chilogrammi di materiale vegetale – foglie e infiorescenze – e di oltre 6.000 piante di canapa industriale a due coltivatori. Una decisione che ribadisce un principio fondamentale: in assenza di prove che attestino il superamento della soglia legale di THC, la coltivazione di canapa industriale è da considerarsi lecita.

Mantovano il talebano lo ha rifatto: bufale su sequestri e cannabis shop

Negli ultimi mesi, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano è finito al centro del dibattito pubblico per alcune affermazioni altamente controverse – e scientificamente infondate – sul tema della cannabis light e del consumo di sostanze in Italia. Le sue dichiarazioni non solo mancano di basi empiriche, ma sembrano anche parte di una strategia comunicativa che mira più a rafforzare un impianto ideologico repressivo che a descrivere fedelmente la realtà.

La bufala sul calo delle nascite e la cannabis

Tra le affermazioni più clamorose di Mantovano c’è quella secondo cui il calo demografico in Italia sarebbe causato dal consumo di cannabis. Un’affermazione che ha immediatamente sollevato lo sdegno di esperti, scienziati e operatori del settore sanitario, oltre a diventare oggetto di ironia sui social network.
La verità è che non esiste alcuna evidenza scientifica che correli il consumo di cannabis – men che meno di cannabis light – con la riduzione del tasso di natalità. Il calo delle nascite è un fenomeno complesso, legato a fattori socioeconomici strutturali: precarietà lavorativa, costo della vita, instabilità abitativa, scarsa presenza di politiche per la famiglia, e molto altro. Puntare il dito contro la cannabis è semplicemente una scorciatoia ideologica che ignora i dati reali.

La disinformazione sui livelli di THC nelle sostanze sequestrate

Un’altra affermazione problematica di Mantovano è quella secondo cui la cannabis sequestrata dalle forze dell’ordine conterrebbe in media il 29% di THC. Anche in questo caso, si tratta di un dato fuori scala rispetto alla realtà. Secondo fonti ufficiali, tra cui il Dipartimento Politiche Antidroga e diversi studi europei, la media di THC nella cannabis sequestrata si aggira tra il 12% e il 14% – valori ben al di sotto di quanto sostenuto dal Sottosegretario.

Il 29% è un valore massimo che può eventualmente essere riscontrato in campioni isolati di varietà particolarmente potenti, ma non rappresenta in alcun modo la norma o la media. Spacciare il valore massimo come media è una manipolazione che serve solo a generare allarme sociale ingiustificato.

La mistificazione sulla cannabis light nei negozi legali

Mantovano ha inoltre affermato che i cannabis shop legali in Italia venderebbero prodotti con THC all’1% o 1,5%, un’altra affermazione completamente falsa. La legge italiana (Legge 242/2016) e la prassi regolatoria stabiliscono che la cannabis light in commercio debba contenere un tenore di THC inferiore allo 0,5% – e, in alcuni casi, i prodotti in vendita restano sotto lo 0,2%.

Questo limite è stato fissato proprio per garantire l’assenza di effetti psicoattivi, come dimostrato da innumerevoli studi scientifici. Le quantità di THC presenti nella cannabis light non sono in grado di produrre effetti droganti o alterazioni della coscienza, e vengono considerate da tossicologi e medici prive di rischio per la salute pubblica.

Una strategia propagandistica mascherata da tutela sociale

Le dichiarazioni di Mantovano si inseriscono in una più ampia narrazione che tenta di rilanciare il paradigma proibizionista, ignorando del tutto le evoluzioni legislative e scientifiche avvenute in tutto il mondo negli ultimi decenni. Paesi come il Canada, diversi Stati americani, l’Uruguay, la Germania e Malta hanno intrapreso processi di regolamentazione della cannabis basati su evidenze, ottenendo risultati positivi in termini di salute pubblica, controllo del mercato e riduzione della criminalità.

L’Italia, invece, rimane ancorata a una visione antiquata e repressiva, alimentata da retoriche paternalistiche e da fake news costruite ad arte per giustificare nuove restrizioni e criminalizzazioni. Mantovano è uno dei principali esponenti di questa strategia comunicativa: non un ingenuo disinformato, ma un abile propagandista del proibizionismo, pronto a distorcere i fatti pur di sostenere il proprio impianto ideologico.

Il pericolo della disinformazione istituzionale

Quando un rappresentante del governo diffonde informazioni false su temi delicati come la salute e la legalità, non siamo di fronte a una semplice “opinione” ma a un uso strumentale del potere comunicativo pubblico. Le parole di Mantovano sulla cannabis light non solo ignorano la realtà scientifica e normativa, ma contribuiscono a criminalizzare un intero settore economico legale, danneggiando imprenditori onesti e alimentando lo stigma verso consumatori e pazienti.

In un contesto in cui la disinformazione è sempre più diffusa, è dovere della cittadinanza, dei media e della comunità scientifica contrastare queste narrazioni tossiche con i fatti, i dati e la verità.

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