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------> Il Tribunale di Sassari ha emesso un’ordinanza che rappresenta una svolta per il settore della canapa industriale in Italia. Con la decisione n. 32+33/25 del 23 ottobre 2025, i giudici hanno annullato il decreto di convalida del sequestro probatorio e disposto la restituzione di 200 chilogrammi di materiale vegetale – foglie e infiorescenze – e di oltre 6.000 piante di canapa industriale a due coltivatori. Una decisione che ribadisce un principio fondamentale: in assenza di prove che attestino il superamento della soglia legale di THC, la coltivazione di canapa industriale è da considerarsi lecita.

Basta censura social: inviata lettera a Meta

Una coalizione composta da circa 80 organizzazioni internazionali, tra cui enti per la salute pubblica, associazioni di advocacy per la politica sulle droghe, gruppi per la riduzione del danno e sostenitori della libertà digitale, ha inviato una lettera aperta a Meta Platforms Inc., accusando l’azienda di ostacolare la libertà di espressione riguardo ai contenuti educativi e scientifici su cannabis, psichedelici e politiche di riduzione del danno.

La lettera, sottoscritta da organizzazioni provenienti da Stati Uniti, Europa, America Latina e Asia, denuncia pratiche di “censura sistematica” e shadowbanning su Facebook e Instagram, piattaforme di proprietà di Meta. Le organizzazioni sostengono che, nonostante l’intento dichiarato di Meta di “favorire conversazioni significative”, contenuti che riguardano approcci innovativi e basati sull’evidenza scientifica nell’ambito delle sostanze vengono regolarmente bloccati, rimossi o nascosti agli utenti.

“È inaccettabile che mentre il mondo si muove verso politiche più razionali e compassionevoli sulle droghe, Meta scelga di silenziare chi educa e informa,” si legge nel documento. I firmatari sottolineano come molti dei contenuti censurati siano di natura educativa: campagne contro l’overdose, informazioni su trattamenti assistiti con ketamina o psilocibina, aggiornamenti sulla legalizzazione della cannabis a uso terapeutico o ricreativo, e strategie per la riduzione dei rischi legati al consumo di sostanze.

Uno dei punti centrali della lettera riguarda lo shadowbanning, ovvero la pratica di limitare la visibilità dei contenuti o degli account senza notificarlo all’utente. “I nostri follower non vedono più i nostri post, anche se rispettiamo tutte le regole della community,” afferma un portavoce di una ONG latinoamericana firmataria. “La nostra portata è crollata del 70% negli ultimi mesi, proprio mentre cercavamo di promuovere un evento nazionale sulla riduzione del danno.”

La coalizione chiede a Meta una maggiore trasparenza sugli algoritmi e sulle linee guida per la moderazione dei contenuti; distinzione tra contenuti promozionali e informativi/scientifici, evitando la censura indiscriminata; consultazione regolare con esperti in salute pubblica, politiche sulle droghe e libertà digitali; ripristino della visibilità per contenuti legittimi che rispettano le normative locali e internazionali.

La mossa arriva in un momento critico per Meta, già oggetto di critiche per la gestione della disinformazione e la moderazione selettiva. In passato, l’azienda ha dichiarato che la sua priorità è “proteggere gli utenti da contenuti potenzialmente dannosi”, ma la coalizione ribatte: “La vera minaccia è l’ignoranza, non l’informazione”.

“Questa non è solo una questione di droghe, ma di democrazia dell’informazione,” concludono i firmatari. “Zittire le voci che lavorano per la salute e l’equità sociale, significa tradire la missione stessa delle piattaforme sociali: connettere, educare, informare.”

Al momento, Meta non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in risposta alla lettera, ma le pressioni per una revisione delle sue politiche di moderazione crescono di giorno in giorno.

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