Il tribunale di Firenze ha assolto gli imputati per detenzione e spaccio di stupefacenti con 900 grammi tra hashish e marijuana contenenti fino al 48% THC, oltre 1700€ in contanti, un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento. Il Pubblico Ministero aveva chiesto fino a 2 anni di reclusione e una multa di 6.000€ per gli imputati.
L’avvocato Lorenzo Simonetti dello Studio Legale Miglio-Simonetti è riuscito a dimostrare che si può essere consumatori e pazienti allo stesso tempo, provando l’utilizzo personale, terapeutico e parzialmente ricreativo.
Raccontiamo questa storia direttamente dalle parti focali della sentenza messa a disposizione sul web dell’avvocato Simonetti.
La vicende iniziò durante un controllo stradale, durante il quale emergeva un forte odore di stupefacenti, i militari procedevano alla perquisizione del veicolo e delle due persone, trovando così nella disponibilità della giovane – all’interno di un pacco di “filtrini” contenuti nello zaino – un grammo di hashish.
I Carabinieri procedevano quindi alla perquisizione dell’abitazione dei due imputati (conviventi) e all’interno della stessa rinvenivano una quantità significativa di hashish e di marijuana, per complessivi 900 grammi circa: buona parte dello stupefacente si trovava in cucina, in parte in frigorifero, in parte su uno scaffale (sullo stesso scaffale era rinvenuto un bilancino di precisione); altro stupefacente era rinvenuto in diverse altre camere. Lo stupefacente era diviso in più quantitativi, di peso variabile (tra 1 grammo e 204 grammi), e custodito in barattoli e confezioni varie.
L’imputato ha confermato di essere socio di una società per la coltivazione indoor di piante di “cannabis light” di molte tipologie differenti.
Ha inoltre dichiarato che la sostanza rinvenuta presso l’abitazione è stata da lui acquistata, in parte in farmacia tramite prescrizione medica, in parte – per contenere i costi – in strada da normali spacciatori, per il proprio consumo personale. Si tratterebbe di sostanze acquistate nel corso del tempo per curare i propri disturbi (paranoia, ansia, insonnia) e da lui accumulate. Egli avrebbe spesso mescolato i vari tipi di cannabis acquistati per cercare di creare una combinazione che maggiormente soddisfacesse le proprie esigenze. Pur avendo la disponibilità di quantitativi considerevoli in casa, egli per mesi avrebbe continuato ad acquistare ulteriori nel convincimento che la sostanza già detenuta col passare del tempo avesse perso talune proprietà e taluni effetti.
La Difesa ha prodotto altresì documentazione sanitaria, da cui emerge che affetto da ricorrenti crisi di cefalea in cervicoartrosi, nonché da una sindrome ansioso- depressiva con grave insonnia. Le analisi tossicologiche effettuate hanno evidenziato una notevole varietà di risultati quanto al principio attivo contenuto nei vari reperti in sequestro: alcuni reperti erano praticamente privi di principio attivo (0,0%), mentre altri contenevano una percentuale del principio attivo fino al 48%.

Il consulente della Difesa ha ritenuto plausibile l’assunzione della cannabis da parte dell’imputato in funzione delle patologie del medesimo; in considerazione non solo del quantitativo di principio attivo rilevato, ma anche del quadro clinico del paziente, delle modalità di assunzione e di altri fattori (ad es. la circostanza – riferitagli – che l’imputato acquistasse in strada parte dello stupefacente e quindi ignorasse il relativo contenuto di principio attivo), il consulente ha poi ritenuto che la sostanza sequestrata potesse essere effettivamente destinata dall’imputato ad un proprio miglioramento clinico.
All’esito dell’istruttoria svolta, non pare potersi affermare con la necessaria certezza che lo stupefacente rinvenuto dai Carabinieri presso l’abitazione degli imputati fosse da questi destinato, in tutto o anche solo in parte, allo spaccio. Il dato quantitativo dello stupefacente sequestrato è significativo. Il profilo quantitativo, tuttavia, per quanto certamente importante, è soltanto uno degli indici di cui tenere conto per accertare la destinazione al consumo personale o meno dello stupefacente detenuto. Inoltre, il quadro caotico (barattoli, bustine e involucri vari rinvenuti dai Carabinieri in tutte le stanze della casa) pare confermare il fatto che lo stupefacente fosse gestito dall’imputato in stile “medico/chimico fai da te” che non in modo imprenditoriale.
Gli strumenti (bilancino e pressa resina) e i materiali (bustine per il confezionamento) rinvenuti non sono poi dirimenti, posto che sono compatibili anche con la citata attività di misurazione, trasformazione e conservazione che l’imputato potrebbe avere realizzato in funzione del proprio consumo personale.
Gli imputati sono stati, in fine, assolti perché il fatto non costituisce reato. Le sostanze confiscate sono state distrutte.