Con 109 voti favorevoli e 69 contrari, il Senato ha approvato la fiducia al Decreto Sicurezza, trasformandolo ufficialmente in legge dello Stato. Un voto che, dietro l’apparente intento di rafforzare la sicurezza, segna in realtà un ulteriore passo indietro per i diritti e per la democrazia italiana. Oggi, gli italiani perdono un altro pezzo della loro libertà, mentre la Costituzione viene ancora una volta calpestata in nome di una propaganda sempre più aggressiva.
Il Decreto Sicurezza, tra le tante sfaccettature, concentra poteri, rafforza le prerogative delle forze dell’ordine in modo sproporzionato e reprime apertamente il dissenso. Le norme contenute nel provvedimento restringono spazi di protesta, colpiscono il diritto al lavoro — in particolare nei settori più fragili e alternativi come quello della canapa — e conferiscono strumenti arbitrari a chi dovrebbe invece operare con equilibrio e garanzie. L’effetto? Uno spostamento preoccupante da uno Stato di diritto verso uno Stato di polizia, dove il controllo e la repressione diventano strumenti di gestione ordinaria del potere.
In tutto questo, il Parlamento ha avuto il ruolo di mero passacarte. Il dibattito politico si è ridotto a una formalità, svuotato di significato da una maggioranza che ha blindato il provvedimento con la fiducia. Un meccanismo che, più che garantire governabilità, impone silenzio e conformismo. Il modello a cui si tende è sempre più simile a quello di Viktor Orbán: un’autorità centrale forte, un’opposizione debole, e un Parlamento ridotto a spettatore silenzioso.
Canapa Industriale: cosa cambia?
Per il settore della canapa industriale, la situazione resta critica, ma dal punto di vista giuridico, non cambia nulla: il decreto era già in vigore nella sua forma provvisoria e il comparto, anche prima dello stesso decreto, continuava a operare in un limbo normativo, vittima di una legge ambigua e spesso contraddittoria. Tuttavia, con l’approvazione definitiva, potrebbero verificarsi un incremento di controlli, sequestri e denunce. Il clima potrebbe diventare più teso, più opprimente. Resta però un punto fondamentale: per ottenere una condanna sarà comunque necessario dimostrare l’efficacia drogante del prodotto. Ed è qui che la resistenza legale continuerà.
Le associazioni e i legali di settore sono a lavoro da mesi per contrastare il decreto anche dopo la sua inevitabile approvazione. Oggi più che mai è necessario restare uniti, determinati, lucidi. Gli imprenditori e i lavoratori del settore della canapa non possono e non devono arrendersi. La battaglia per un comparto agricolo, commerciale e sociale libero, trasparente e innovativo non è finita. È appena cominciata. E va combattuta con ogni mezzo legale e disobbediente possibile.
Resistere è un dovere. Sempre. A tutti i costi.
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