Luigi Giacomo Passeri, 31enne originario di Pescara, è detenuto in Egitto da quasi un anno dopo essere stato arrestato nell’agosto scorso mentre si trovava in vacanza al Cairo. L’accusa, secondo i suoi familiari, riguarda il possesso di una piccola quantità di marijuana per uso personale, ma i documenti della polizia egiziana, redatti in arabo e ottenuti di recente, riportano invece capi d’accusa ben più gravi: possesso e traffico di sostanze stupefacenti.
La vicenda di Passeri è emersa nelle ultime settimane grazie alla stampa locale e all’impegno della sua famiglia, che ha lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese legali. Martedì scorso, il caso è stato portato all’attenzione del Parlamento italiano da Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, il quale ha presentato un’interrogatorio chiedendo un intervento urgente del governo e dell’ambasciata italiana in Egitto. Grimaldi ha sottolineato la necessità di garantire ai Passeri un processo equo e tempi certi, dichiarando: «Non vogliamo altri casi Salis, di sicuro non vogliamo un altro caso Regeni» .
Secondo la famiglia, Passeri si trova nel carcere di Badr , a nord del Cairo, dove le condizioni di detenzione sarebbero estremamente difficili. I suoi parenti hanno pubblicato di maltrattamenti e di un accesso molto limitato alle cure mediche, specialmente dopo un intervento chirurgico di rimozione dell’appendice. Inoltre, il processo sembra essere in una fase di stallo: le udienze continuano a essere rinviate poiché i testimoni dell’accusa non si presentano, rallentando ulteriormente la procedura giudiziaria.
Il fratello di Passeri, Andrea, ha avviato una raccolta fondi per raccogliere 40mila euro, somma richiesta dall’avvocato egiziano incaricato della difesa. Sebbene si tratti di una cifra considerevole, è comunque inferiore ai 60mila euro preventivati dall’ambasciata italiana per l’assistenza legale.
Nell’interrogatorio parlamentare, Grimaldi ha chiesto al ministro degli Esteri Antonio Tajani di chiarire quali misure siano adottate dallo stato per garantire l’assistenza consolare a Passeri e per verificare le sue condizioni di protezione e di salute. La famiglia, che non ha più avuto contatti diretti con lui dal 23 agosto 2023, ha ricevuto soltanto una telefonata in cui confermava di trovarsi in carcere, oltre a qualche lettera in cui denunciava la situazione difficile che sta affrontando.