Il rapporto La Guardia, pubblicato nel 1944, rappresenta una pietra miliare nella storia della ricerca sulla cannabis. Commissionato dal sindaco di New York Fiorello La Guardia e redatto dalla New York Academy of Medicine, questo studio fu il primo a esaminare in modo sistematico gli effetti del consumo di marijuana. Le conclusioni del rapporto smentirono molte delle affermazioni allarmistiche dell’epoca, tra cui la teoria del passaggio, secondo cui l’uso di cannabis condurrebbe inevitabilmente all’assunzione di droghe più pesanti come eroina o cocaina. Il rapporto evidenziò che la marijuana non causava dipendenza fisica, non era associata a comportamenti criminali gravi e non fungeva da trampolino verso l’uso di sostanze più pericolose.
Nonostante l’autorevolezza dello studio, le sue conclusioni furono osteggiate da Harry Anslinger, capo del Federal Bureau of Narcotics, che avviò una campagna per screditare il rapporto e impedire ulteriori ricerche indipendenti sulla cannabis. Anslinger esercitò pressioni sull’American Medical Association affinché producesse studi conformi alla linea governativa, arrivando a minacciare arresti per i medici che avessero condotto ricerche non autorizzate.
Negli anni successivi, la teoria del passaggio ha continuato a influenzare le politiche antidroga, nonostante la mancanza di evidenze scientifiche solide a suo supporto. Studi più recenti hanno ulteriormente messo in discussione questa teoria. Ad esempio, una ricerca condotta dall’Università del Colorado nel 2023 ha rilevato che la legalizzazione della cannabis per uso ricreativo non ha portato a un aumento dell’uso di altre sostanze illecite tra gli adulti, ma ha anzi contribuito a ridurre i problemi legati all’alcol . Altri studi suggeriscono che l’associazione tra uso di cannabis e successivo consumo di droghe pesanti potrebbe essere meglio spiegata da fattori comuni di predisposizione, piuttosto che da un effetto causale diretto.

In sintesi, il rapporto La Guardia e le ricerche successive evidenziano come la teoria del passaggio sia più un costrutto ideologico che una realtà scientificamente comprovata. La persistenza di questa teoria nel dibattito pubblico sottolinea l’importanza di basare le politiche sulle droghe su evidenze scientifiche accurate e aggiornate, piuttosto che su miti e pregiudizi.
Ancora oggi, a distanza di ottanta anni, i proibizionisti si riempiono la bocca con questa fake news propagandistica.